Pubblicazione Passaporto Biologico

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Una sentenza dà ragione ai giornalisti che avevano pubblicato i valori ematici.
Il caso era quello di Pietro Caucchioli, responsabile in ordine alla violazione antidoping prevista dall'art. 2.2 e dalla lett. M1 (uso di metodo proibito) del Codice dell'Agenzia mondiale antidoping (Wada), a seguito di una squalifica di 2 anni causa valori anomali del proprio Passaporto Biologico: "Fatti di indubbio interesse pubblico"
ROMA - Pubblicare dati "sensibili" come i valori ematici dei test su ematocrito ed emoglobina, relativi ad un atleta coinvolto in vicende doping è concesso al giornalista nell'esercizio della sua professione. Pertanto non viola la privacy.
Questo è quanto emerso da una sentenza stabilita dal Garante sulla privacy, respingendo il ricorso di Pietro Caucchioli il corridore recentemente squalificato due anni per i valori anomali del proprio passaporto biologico che aveva contestato le pubblicazioni di alcuni grafici relativi alle sua analisi ematiche sulla rivista mensile Cycling Pro (La Cuba) e sul sito telematico "SportPro" diretto da Eugenio Capodacqua.
Si tratta sicuramente di una sentenza importante in quanto va nella direzione della trasparenza, sempre più necessaria quando si affrontano argomenti delicati come quello del doping che direttamente e indirettamente coinvolge temi di interesse pubblico e che riguardano anche la salute pubblica.

Caucchioli aveva contestato appunto la pubblicazione dei dati emersi nel procedimento doping della Procura Coni, che ha portato alla squalifica del corridore per ben due anni. Proprio per violazione dei regolamenti antidoping. Sanzione ribadita in appello dal Tas, il tribunale arbitrale internazionale. Con lui era stato chiamato in causa anche Marco Bonarrigo, giornalista della rivista Cycling Pro che aveva analogamente pubblicato un ampio servizio con gli stessi particolari in evidenza.

Il Garante ha ritenuto legittima la pubblicazione "avvenuta per finalità giornalistiche con riguardo a fatti di indubbio interesse pubblico".

Il Garante stabilisce anche un altro principio importante riguardo al cosidetto Passaporto Biologico, e cioè che esso è un documento"richiesto ed ottenuto per finalità pubbliche, ossia controllare che l'atleta non si sottoponga a pratiche di doping e che, come tale, non poteva essere taciuto all'opinione pubblica".

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